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Narcos 2×08 – Exit El PatrónTEMPO DI LETTURA 6 min

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“Era un uomo pieno di contraddizioni. Amava alla follia la sua famiglia. Aveva costruito per noi un hacienda […]. Ma nello stesso tempo ordinava omicidi, senza pensare alle conseguenze. Trafficava droga, eppure mi sconsigliava di usarla, senza vietarmela […]. Amava mia madre ma la tradiva.”

Con queste parole il vero figlio di Escobar racconta in un’intervista suo padre. Lo abbiamo detto già tante volte, la figura di Pablo è tanto affascinante quanto ripugnante e, dopo l’attentato organizzato da lui (2×07), è l’ultimo lato a prendere il sopravvento per il popolo colombiano. Dopo quel gesto folle tutto è diverso, il mondo ha cambiato le sue regole. Le immagini della scorsa puntata, reali e finzionali, tornano prepotenti, pugno nello stomaco, e ritornano anche nelle parole delle Istituzioni che devono decidere come comportarsi. La morte di bambini innocenti ha reso mostruoso l’eroe di un intero paese. Si poteva scusare Pablo per qualunque gesto, anche il più gretto, ma questo va contro ogni logica e ogni ragione.

“Escobar had made a career out of terror. And for the most part, it had worked. But when he parked 220 pounds of TNT outside of a downtown Bogotá shopping center a week before school started up again, no one could deny he had gone too far. The whole nation was enraged.

Nell’episodio 8, “Exit El Patrón” – in cui convergono la vicenda di Pablo e quella dei suoi nemici (la caccia della DEA e i Los Pepes) – compiamo passi avanti nella discesa agli inferi di Escobar; la figura del nostro si sta disfacendo di fronte ai nostri occhi, pezzo per pezzo: il suo corpo da rappresentazione di ricchezza e potere, diventa simbolo di atrocità e morte. Siamo ormai verso la fine della sua parabola e il pubblico è esaltato e spaventato insieme, non solo per quell’uomo tanto crudele quanto carismatico, ma anche per la fine di una stagione epocale.
Una volta era amato, idolatrato, un dio pagano da invocare, il Robin Hood paisà, generoso con il popolo, vicino agli ultimi per inclinazione naturale e provenienza comune. Ora non più. Una luce sinistra ha illuminato el Patrón. Nessuno può sostenerlo. Da Dio in terra, privo di ombre, Pablo è diventato nemico perché non ha mai avuto limiti e adesso addirittura ha superato ogni limite.
La paura di perdere la sua famiglia, il timore di non rivederla più gli ha fatto perdere la testa compiendo un gesto crudele e disumano. La cattiveria che prima era rivolta agli avversari, ora, per arrivare proprio a loro, si è scatenata su quegli ultimi che lo hanno sempre appoggiato.
Non c’è luce dove c’è il narcotrafficante, l’oscurità è scesa su di lui, il gruppo che gli sta intorno è sempre più piccolo; come in una rilettura colombiana di “Dieci piccoli indiani”, uno ad uno i suoi uomini spariscono – costretti anche a tradirlo -, il danaro, le armi si fanno “merce” difficile da reperire per uno che non ha ormai né sostenitori né alleati. Non c’è protezione per Pablo. Gli sono rimasti fedeli solo pochi “sicarios”, la sua famiglia, faro nella notte buia di uno che ora è solo padre, figlio, marito, e la giornalista Valeria Velez. E’ chiaro che non c’è pace per chi è vicino al re dei narcotrafficanti ed è interessante l’incontro tra Tata e Velez, momento in cui conflagrano i due mondi dell’uomo, le due anime di Giano Bifronte. Mentre lui come una mosca sotto un vetro sbatte disperato contro le pareti, le due donne si alleano, l’una chiede aiuto all’altra che risponde agendo. Il corpo morto di Velez, di fronte agli occhi spaventati e atterriti di Tata, dimostra ancora una volta che non c’è più via di fuga per il ricercato più famoso della Colombia.
Ad ogni passo, intercettazione, corsa dietro all’ultimo uomo di “Exit El Patrón” sentiamo l’odore del sangue che sta per sgorgare, la lama fredda che è pronta rapida a penetrare nelle carni, l’odore della paura e del tradimento (Blackie, La Quica).

“Death to Escobar.”

Fin dalle prime scene vediamo il protagonista della serie dietro alle sbarre – una prigione pubblica e sociale, metafora della condizione che grava su Escobar -, quelle di un negozio che mostra alla televisione la taglia su Pablo. 7.000 milioni di dollari che risuonano come pugnalate. Ogni cittadino colombiano lo ucciderebbe con le proprie mani se potesse. La sua povera Patria è armata per uno scontro empio (l’uccisione di dio da parte dei suoi fedeli) e umano: ammazzare chi, personificazione del celebre “uomo che si fa da solo”, era sempre stato pronto a donare e aiutare.
“Exit El Patrón” si costruisce lungo due direttrici, da una parte il crollo dell’eroe (e della sua famiglia), dall’altra la “vittoria” della polizia. L’episodio ci mostra la sua caduta fin dalle prime sequenze in cui uno sconvolto Blackie chiede perdono a Dio, i giornali e le televisioni mettono in prima pagina la ricerca del Narcos e chiedono anche agli ultimi sostenitori di abbandonarlo. Mentre l’odio verso di lui monta, la DEA in una caccia senza esclusione di colpi è sempre più vicina alla preda (indaga, investiga, torchia, mettendo in ginocchio prima Blackie, poi La Quica) e i Los Pepes gettano le basi per il loro regno futuro.
Il momento sicuramente più importante dell’intera puntata è quello finale in cui Pablo capisce di essere solo. Il suo volto rappresenta lo scoramento di chi ha realizzato che è finita. In quella macchina, nel buio della sua notte più lunga il protagonista intuisce ogni cosa e lo spettatore, portato all’interno di quella vettura, ne sente la solitudine e l’angoscia. La sua condizione viene esemplificata mostrando Pablo, abbandonato e disperato, seduto da solo (è metaforicamente fortissima l’immagine) nel momento più doloroso prima di parlare forse per l’ultima volta con la moglie. Ancora una volta prevale il Narcos privato su quello pubblico: le parole d’amore del marito alla moglie – parafrasando la poesia di Ungaretti in quel silenzio di morte dice pensieri amorosi e così è ancor più attaccato alla vita -, le lacrime di Tata quando sente la voce calda di Pablo rendono ancor più umano il saluto tra i due.
Ogni cosa in Narcos è pensata, scritta, mostrata in modo tale da legare indissolubilmente lo spettatore a Pablo, l’uomo ha appena fatto strage di innocenti eppure siamo in pena per lui, commossi ugualmente per ciò che sta provando. La serie anche in questo caso ha la capacità di raccontare una storia complicata e scomoda immergendoci in un mondo di cocaina, sangue e sudore ma anche di lacrime e amore.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Pablo solo più che mai
  • La taglia su Escobar
  • Il racconto dell’odio verso il narcotrafficante
  • La caccia al dio del cartello
  • Narcos e la storia di Pablo è in dirittura d’arrivo

 

“Exit El Patrón” è un’ottima ottava puntata che da una parte prepara la corsa di Narcos verso il finale di stagione e dall’altra continua a tessere le fila per il futuro della serie stessa.

 

Deutschland 93 2×07 ND milioni – ND rating
Exit El Patrón 2×08 ND milioni – ND rating

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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