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The Knick 2×01 – Ten KnotsTEMPO DI LETTURA 5 min

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Dopo una prima stagione, che ha conquistato pubblico e critica, torna sul piccolo schermo The Knick. La serie, a metà tra il medical drama e l’opera in costume, racconta la medicina del primo ‘900 e ruota intorno all’affascinante quanto disturbante dottor John Thackery, figura ispirata a William Halsted (uno dei medici innovatori del suo tempo). Razzista, arrogante, tossicodipendente e amorale, Thackery non ha paura di sperimentare, lavora su grandi scoperte utilizzando tecniche e metodologie innovative. Nella scorsa stagione la scelta di Steven Soderbergh è stata quella di seguire le vicende del dottore e del suo staff nel Knickerbocker Hospital a New York, nel momento in cui la chirurgia stava muovendo i primi passi: ospedali non più botteghe dei barbieri in cui operare. Ogni puntata è un manifesto di come “siamo fatti dentro”: viscere, sangue, carne e ossa, sì perché The Knick fa del taglio e dell’apertura del corpo il suo nucleo. Infezioni, arterie pulsanti sono il climax delle puntate e il sangue scorre copioso; i corpi non sono, o almeno non sempre, casi di puntata con una storia, ma cavie poste sul lettino: è quello il loro scopo, quello di essere “guardati dentro” e aiutare la ricerca. La serie affonda a piene mani nella nostra “interiorità” più profonda – gli organi vengono mostrati senza “pudore” -, in nome di una sperimentazione quasi fine a se stessa, il paradosso è che la vita dell’uomo perde di valore – prima viene il corpo, la scienza, poi il paziente e la sua vita.
In “Ten Knots”, il primo episodio della seconda stagione, si riprendono le fila di ciò che era rimasto insoluto nella precedente: Soderbergh irride con il suo sguardo nero e dissacrante i personaggi mettendone in evidenza la pochezza della vita, disperata e grama. Sono le parole di Lucy, l’amante del dottor Thackery, ad aprire la puntata, parole che ci riconducono all’interno della storia, ricordandoci il passato della coppia, i legami tra i personaggi e introducendoci così nel loro presente.
Il tenebroso chirurgo, interpretato da Clive Owen, rinchiuso in una clinica per disintossicarsi, è ancora totalmente schiavo della droga: scarmigliato, madido di sudore, pronto a operare per ricevere in cambio la sua “linfa vitale”, si contorce in questo stato di soporoso vigore. Nel Knickerbocker Hospital tutto in realtà è come prima, nonostante il Dr. Edwards, che sta diventando cieco dopo il pestaggio, sia capo chirurgo ad interim, nonostante i cambiamenti interni, dietro ad una facciata di finto perbenismo c’è il vivere di sempre. Ci sono i vizi grandi e piccoli dell’uomo: il consiglio non darà mai la possibilità al medico afroamericano di diventare primario, Chickering tiene a distanza Lucy a causa della sua “immoralità” e della relazione con il superiore, Cornelia è ritenuta comunque inferiore perché donna, l’incapacità di aspirare un ascesso di un medico anziano balza agli occhi di tutti.
Il momento di massima tensione dell’intero episodio è il rapimento di Thackery da parte di Gallinger che porta il chirurgo in mezzo al mare su una barca per vincere la sua dipendenza. Come in una sorta di rinascita – nel ventre “materno”, nel liquido amniotico – il tossicodipendente, cullato dal mare, legato con un nodo facile da fare, ma difficilissimo da sciogliere, è costretto a ritornare, forse, alla vita. Tra conati di vomito, visioni di una ragazzina (morta nell’ultima puntata della passata stagione) e convulsioni, a poco a poco, riesce a liberarsi dall’ancella con cui ha passato intere notti, con la quale ha superato vari interventi, grazie alla quale ha sperimentato molte delle sue innovazioni. Intrecciando e sciogliendo nodi il desiderio viene meno, il demone viene tenuto a bada e il “morbo” scivola via o almeno così sembra anche se non completamente.
In questo episodio veniamo tristemente e irrimediabilmente riportati all’interno di un mondo in cui non c’è misericordia, né umanità, regnano la superbia, la codardia, l’arrivismo e a farla da padrone è ogni forma di prevaricazione: pensiamo alla quarantena inflitta alla popolazione asiatica – e non a caso l’unica che se ne interessa è Cornelia, anch’ella “ghettizzata”. Torniamo ad immergerci così in un’atmosfera mortifera – ricordiamo la pestilenza – e perversa in cui domina la dipendenza: Thackery dalla droga, Lucy da Thackery, Chickering da Lucy, Edwards dalla sua razza (lui non è lui, ma viene giudicato prima di tutto dal colore della sua pelle), ciascun dottore dal desiderio di potere.
Soderbergh dimostra quanto sia proprio l’uomo ad essere carnefice di se stesso e a crocifiggere giorno dopo giorno il suo simile: così la suora abortista Harriet, rinchiusa in prigione per scontare la propria pena, viene ripudiata dalla madre superiora, la caritatevole Cornelia è intrappolata in una vita e in un matrimonio dalle molte ombre e dalle poche luci, il talentuoso chirurgo afroamericano viene scalzato dalla corsa per diventare capo chirurgo perché nero. The Knick racconta ancora in questa seconda stagione le bassezze e l’egoismo umani, mettendo in evidenza i punti di contatto tra due epoche, due società tanto lontane nel tempo quanto vicine per i lati oscuri dell’animo umano.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’interpretazione sempre perfetta di Clive Owen
  • La lettera con cui si apre l’episodio che fa da trait d’union tra la prima e la seconda stagione
  • Il ritorno di Cornelia
  • La “convivenza” forzata sulla barca tra i due medici
  • La visione di Thackery da cui si capisce che probabilmente non è completamente salvo
  • Il ritmo alle volte forse fin troppo lento
The Knots è un buonissimo primo episodio che ci dà molti spunti per pensare che questa seconda stagione di The Knick sarà buona tanto quando la precedente. La regia di Soderbergh, asciutta, quasi documentaristica, caratterizzata da un ritmo lento, si incastra perfettamente con la scrittura di Jack Amiel e Michael Begler, sempre capaci di narrare vicende coinvolgenti, confezionando un’opera raffinata e singolare nel panorama seriale.
Crutchfield 1×10 0.40 milioni – 0.1 rating
Ten Knots 2×01 0.27 milioni – 1.3 rating

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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