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Hand Of God 1×07 – A Bird In HandTEMPO DI LETTURA 6 min

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Bye, bye, it’s been a sweet love, though this feeling I can’t change. But please don’t take it badly, ‘cause Lord knows, I’m to blame. But, if I stayed here with you girl, things just couldn’t be the same. Cause I’m as free as a bird now, and this bird you’ll never change. And this bird you can not change. Lord knows, I can’t change. Lord help me, I can’t change. 

E potremmo davvero iniziare e concludere la recensione di “A Bird In Hand” così, citando il verso finale dell’immortale brano Free Bird dei Lynyrd Skynyrd, che riassume in poche e romanzate righe il fulcro dell’episodio: un fulcro dai toni fortemente crepuscolari, beffardi e disfattisti. Ma che gusto ci sarebbe nel scrivere una recensione usando solo una citazione? Nessuna, appunto, ma l’occasione era troppo ghiotta per lasciarcela scappare.
Una delle cose che saltano più all’occhio in questo settimo episodio della prima stagione è sicuramente una sfaccettatura dei personaggi che ricorda molto la tipica caratterizzazione dei protagonisti di una trama di genere noir. La particolarità del genere, che ha fatto la fortuna di scrittori come Raymond Chandler e James Ellroy, è anche quella che più lo distanzia dall’originale genere di provenienza: il giallo investigativo. Mentre nel giallo c’è una netta e precisa spaccatura tra bene e male (esempio: Poirot è il buono, il colpevole di turno è il cattivo), nel noir dominano le sfumature di grigio (non queste sfumature di grigio, per inciso) e quasi mai i personaggi di una trama noir hanno un allineamento preciso, finendo spesso e volentieri per passare da una sponda all’altra a seconda delle situazioni, creando una caratterizzazione fortemente ambigua e contraddittoria; non a caso, infatti, l’esempio più azzeccato è il protagonista del genere noir: il classico investigatore privato quarantenne, vissuto, alcolizzato e trattato come un cane randagio dagli ex-colleghi poliziotti, personaggio che non esita a ricorrere a mezzi illeciti pur di risolvere il caso (cosa che, per esempio, uno Sherlock Holmes non farebbe mai manco sotto tortura).
La caratterizzazione e la sfaccettatura dei character di Hand Of God è sempre stata molto certosina, in questo episodio ancor più delle altre volte, dimostrando come Watkins voglia creare sopratutto dei personaggi autentici: poca importa se non piaceranno al ristretto pubblico di Amazon, l’importante è descrivere dei protagonisti che potrebbero tranquillamente esistere nella vita reale, con le loro debolezze e contraddizioni, riuscendoci. Concentrandosi maggiormente sulla trinità Pernell-Crystal-Paul, la loro “svolta noir” si fa sentire molto in questo “A Bird In Hand”, fra i tre principalmente Paul è un chiaro rappresentante della “noirizzazione” dei character. Il modo in cui è stato descritto è la prova di quanto detto: vedendolo più da vicino non c’è dubbio che il prete predicatore creda fermamente in Dio, tenga ai suoi fedeli e sia convinto di ogni sermone che rigurgita sulla platea, ma non c’è neanche dubbio che utilizzi la carta dell’essere “un messaggero di Dio” per arrivare in alto, manipolare e abbindolare al fine di soddisfare obiettivi tutt’altro che altruisti e disinteressati. Da un prete normale, di norma, non ci si aspetterebbe un comportamento del genere ma siamo nel 2015 e il pubblico italiano sopratutto, dovrebbe essere abituato ai lupi vestiti da pecora.
Oltre alle sopraffine caratterizzazioni, l’altra cosa che si lascia enormemente apprezzare nell’episodio è il modo in cui si è evitato di far sentire allo spettatore l’eccessiva lentezza narrativa facendo arrivare qualche nodo al pettine e puntando più su rivelazioni concrete e meno simbologia. Sia chiaro, siamo ancora lontani dalla conclusione della storyline portante di Hand Of God e la poetica simbologia permane comunque facendosi sentire sopratutto alla fine, ma, fortunatamente, qualche interessante e gustosa svolta viene finalmente messa a segno. Addirittura si riesce ad alzare la posta in gioco con l’omicidio di Josh, avviando così la stagione verso la sua conclusione.
Nel suo “alzare la posta”, però, il serial di Ben Watkins compie una scelta che destinata a dividere gli spettatori. Poco ma sicuro, l’omicidio di Josh rappresenta l’abbattimento di alcuni cliché tipici della serialità, dimostrazione di come Watkins e colleghi vogliano prendere strade narrative inedite e sconosciute. In più, la sua dipartita avviene in modo quasi poetico, quasi da vera e propria scrittura del Vangelo: il titolo si rifà infatti proprio alla morte di Josh dove il fraterno amico di PJ è “l’uccello nella mano”, uccello simboleggiato da una bianca e candita colomba, simbolo assoluto della pace e dello Spirito Santo. L’uccisione della colomba, infatti, non può che essere l’ennesima prova di come il finale di questa stagione (o, addirittura, dell’intera storia di Pernell Harris) sia votato al nichilismo: il rifiuto della pace (e sopratutto dello Spirito Santo) vuol dire condannarsi ad una vita senza Dio e dominata dalla dannazione. Proprio qui, parole come “And this bird you can not change. Lord knows, I can’t change. Lord help me, I can’t change” si spiegano da sole: ecco perché abbiamo aperto la recensione con quella citazione.
Dall’altra parte, però, la scelta di eliminare dalla scacchiera un personaggio che cominciava a prendere forma e acquistare una identità tridimensionale può risultare fastidiosa e controproducente, sopratutto perché Josh rappresentava anche un elemento chiave per la risoluzione del mistero intorno a PJ e, facendolo uccidere da KD, ci si allontana ancora di più dal compimento della crociata dell’ex-Hellboy.
Inoltre, benché la reazione al ritrovamento del cadavere da parte di Harris abbia sottolineato ancora di più la simbologia dietro di essa, la sua morte abbinata ad il ritrovamento stesso e tutta la dinamica finale è parsa piuttosto frettolosa. Forse, una scena del genere ci sarebbe stata di più nell’episodio otto anche solo per un maggiore effetto. L’anticlimax creato ad hoc dall’uccisione del BFF di PJ non può passare inosservata e, al contrario, si erge imponentemente come un punto interrogativo: scelta narrativa giusta o sbagliata? Sicuramente se da un lato Hand Of God ne guadagna in autorità e intraprendenza, dall’altro può risultare difficile capire ed apprezzare come decisione. Ovviamente se è stata presa ci devono essere dei piani a lungo termine di Watkins che non ci è concesso conoscere.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’omicidio di Josh
  • Nodi che vengono al pettine
  • Il confronto tra Crystal e Tessie è una delle migliori conversazione degli ultimi cinque anni
  • “Noirizzazione” dei personaggi
  • Simbologia a gogo
  • L’omicidio di Josh
  • Scena finale del ritrovamento piuttosto frettolosa

 

Pur con una decisione narrativa al gusto di “croce e delizia”, “A Bird In Hand” è comunque una puntata soddisfacente sotto molti punti di vista: non solo per la raffinatezza di caratterizzazione e della poetica dietro certe scelte stilistiche ma sopratutto per i concreti avvenimenti mostrati in questo settimo episodio. Dopo una puntata di mostruosa lentezza, è sempre bello vedere la pazienza dello spettatore che viene ripagata, magari anche con certe situazioni davvero galvanizzanti, come la conversazione tra le due donne mogli di Parnell Harris, sulla quale non abbiamo speso volutamente parole al riguardo poiché le sequenze tra Crystal e Tessie parlano decisamente da sole e la loro potenza visiva non ha bisogno di ulteriori commenti. I cancelli per il season finale sono ufficialmente aperti: vediamo se la strada si rivelerà una “Stairway To Heaven” o una “Highway To Hell”.

 

For The Rain To Gather 1×06 ND milioni – ND rating
A Bird In Hand 1×07 ND milioni – ND rating

 

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